Archivio di ‘Guerra in città’

La Battaglia dell’Università – 20 ottobre 1944

venerdì, dicembre 2nd, 2011

Fin dall’estate 1943 una cellula del Partito d’Azione è attiva all’interno della Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia in via Zamboni 27-29, dove sfruttando il via vai di studiosi e la riservatezza del luogo vengono occultati tra gli scaffali ricolmi di libri e nelle cantine grandi quantitativi di armi e munizioni, medicinali e perfino l’intero archivio della brigata Giustizia e Libertà cittadina – in seguito denominata VIII^ brigata Massenzio Masia. I locali della biblioteca ospitano anche il cosiddetto “ufficio anagrafico”: una sofisticata organizzazione finalizzata alla falsificazione e alla distribuzione di ogni tipo di documento o lasciapassare serva ad aderenti alla lotta clandestina, antifascisti ricercati o ebrei fuggiaschi per sottrarsi al controllo delle autorità nazifasciste. Nel giugno del 1944 nei locali della biblioteca viene inoltre istallata una radio trasmittente, attraverso la quale sono mantenuti per alcuni mesi i contatti con il comando di Milano e le missioni alleate. Dopo l’arresto e la condanna a morte di 8 dirigenti di Giustizia e Libertà – fra cui Massenzio Masia – eseguita il 23 settembre 1944, il comando del gruppo clandestino interno all’Ateneo viene trasferito all’interno dell’Istituto di Geografia in via San Giacomo 3 ed è affidato a Mario Bastia “Marroni” (1). Gli aderenti alla nuova cellula, fra i quali il custode e un impiegato della biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia alloggiati all’interno dello stesso Istituto, confidando nell’imminenza dell’arrivo delle armate anglo-americane e in attesa dell’ordine d’insurrezione generale pianificato dal CUMER approntano nei sotterranei un nutrito deposito di armi; in buona misura frutto dell’assalto alla Caserma della Polizia Ausiliaria di Strada Maggiore 45 attuato sotto il comando di Mario Bastia il 10 ottobre. Mentre sta per essere eseguito per ragioni di sicurezza un nuovo trasferimento nel vicino Istituto di Veterinaria, il fortuito arresto il 20 ottobre 1944 di un componente del gruppo determina la scoperta della base e l’immediato accerchiamento nelle prime ore del pomeriggio del quadrilatero universitario da parte circa 200 brigate nere, che posizionate le mitragliatrici d’innanzi agli accessi cominciano a sparare contro gli edifici dell’Università. Parte dei partigiani presenti riesce a sfuggire all’attacco allontanandosi attraverso i cortili confinanti, ma un piccolo gruppo di uomini rimane intrappolato all’interno e appostatosi nelle soffitte dell’Istituto di Chimica è costretto ad ingaggiare una lotta suicida. Lo scontro impari con le forze nemiche si protrae per circa un paio d’ore, poi finite le munizioni all’imbrunire i combattenti sono ad uno ad uno stanati dai propri nascondigli. 5 partigiani catturati e un ferito, torturato in precedenza, sono trascinati a forza nel cortile del rettorato e quindi fucilati contro il muro esterno dell’Aula Magna, nel luogo dove è ubicata la lapide in loro memoria. Nella battaglia perdono la vita: Mario Bastia, Ezio Giaccone, i fratelli Leo e Luciano Pizzigotti, Stelio Ronzani e Antonio Scaravilli. Eseguita l’esecuzione i fascisti arrestano numerosi impiegati e si abbandonano al saccheggio dell’Istituto di Geografia e di altre sedi universitarie, mentre i corpi degli uccisi sono abbandonati nel cortile dell’Ateneo fino al giorno seguente quale crudele monito per la popolazione.

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria di Mario Bastia
“Animato da forte amore di Patria, durante il periodo della dominazione nazifascista nell’Emilia, affrontava serenamente i pericoli della lotta clandestina dedicando ad essa tutto se stesso. Organizzatore entusiasta e capace, costituiva e dirigeva servizi di grande importanza per i partigiani. Condannato a morte in contumacia, si dedicava all’azione con maggiore ardore catturando armi, viveri, materiale sanitario, in audaci colpi di mano. Alla testa di un nucleo di gappisti, da lui guidati nel combattimento, per la difesa dell’Università di Bologna, dette prova di indomito coraggio, finché, catturato dal nemico, veniva fucilato sul posto, chiudendo con l’estremo sacrificio la sua eroica esistenza di apostolo della libertà”.

Note

(1) Nel luglio 1944 Mario Bastia è incaricato da Massenzio Masia di realizzare il piano per il salvataggio della dotazione di radium conservata presso l’Istituto di Radiologia dell’ospedale Sant’Orsola, parte del quale già sottratta dai comandi tedeschi. Preso in consegna il prezioso metallo, lo sotterra nella cantina dell’abitazione del dott. Filippo D’Aiutolo in via San Vitale, dove sarà recuperato dopo la liberazione. Processato insieme ad altri dirigenti di Giustizia e Libertà il 19 settembre 1944 è condannato a morte in contumacia.

Bibliografia
D. Colangeli, La morte all’Ateneo, in Epopea Partigiana, Bologna 1947, pp. 53-54

Giuseppe Barbieri, Battaglia all’Università, in Bologna è libera. Pagine e documenti della Resistenza, Bologna 1965, pp. 125-126

Giulio Supino, Per i caduti dell’Università, Bologna 1965

Testimonianze di Giuseppe Barbieri, Aristide Ghermandi, Leda Orlandi Bastia, Filippo D’Ajutolo in L. Bergonzini (a cura di), La Resistenza a Bologna. Documenti e testimonianze, vol. III, Bologna 1970, pp. 398-402, 680-87

30º Anniversario della Battaglia dell’Università, Bologna 1974

Gina Fasoli, 20 ottobre 1944: si spara all’Ateneo, in “Resistenza Oggi”, 1995, pp. 137-140

Nazario Sauro Onofri, I miei ricordi sulla battaglia dell’Università a Bologna, in AA. VV., Porta Lame e le battaglie bolognesi dell’Autunno 1944, Bologna 2004, pp. 39-44

Gian Paolo Brizzi (a cura di), 60º Anniversario della battaglia dell’Università, 20 ottobre 1944, Bologna 2004

Gian Paolo Brizzi (a cura di), Studenti per la democrazia. La rivolta dei giovani contro la democrazia, Bologna 2005

Sitografia

Scheda redatta da Nazario Sauro Onofri per il sito “La memoria di Bologna”

Biografie Mario Bastia “Marroni”, Ezio Giaccone, Leo Pizzigotti, Luciano Pizzigotto “Dick”, Stelio Ronzani, Antonio Scaravilli (redatte da N.S. Onofri) per il sito “La memoria di Bologna”

Scheda per il sito “Monumenti che parlano: la Resistenza a San Vitale”

Cronologia Biblioteca Salaborsa

Archivio storico dell’Università
Mostra “L’Università nella Resistenza”, 2004
Testimonianza Giuseppe Barbieri

La Battaglia della Bolognina – 15 novembre 1944

venerdì, dicembre 2nd, 2011

La sera del 7 novembre 1944 un gruppo di partigiani reduci dalla battaglia di Porta Lame si dirige verso il quartiere Bolognina, dove riesce a mettersi in salvo raggiungendo la base della VII^ brigata GAP Garibaldi “Gianni” di via Lionello Spada. I feriti già la notte seguente sono trasferiti da questo primo precario rifugio nell’infermeria clandestina attrezzata presso la Villetta Romiti in via Duca d’Aosta 77. Parte dei combattenti rimasti incolumi fanno ritorno nei giorni seguenti alle proprie basi nei comuni della provincia, mentre un gruppo di circa venti superstiti della battaglia si trasferisce in un edificio semidiroccato situato all’angolo fra Piazza dell’Unità e via Tibaldi. E’ dalle finestre di questo rifugio che la mattina del 15 novembre 1944 intorno alle 7.30 i 17 partigiani presenti scorgono le numerose forze nemiche intente a prendere posizione e a circondare la zona con armi pesanti: sono schierati ben 18 automezzi fra autoblindo e carri armati. I gappisti nascosti in un appartamento al secondo piano con affaccio su Piazza dell’Unità si rendono rapidamente conto dell’impossibilità di sganciarsi, scelgono quindi di bloccare la porta dall’interno con una trave e di aspettare in silenzio l’evolversi della situazione confidando nella possibilità che il nemico non li intercetti. Ai primi segnali della presenza nazifascista nel quartiere esce in perlustrazione Mario Ventura “Sergio”, che subito catturato verrà fucilato il giorno seguente. Il minuzioso rastrellamento della zona della Bolognina prosegue con sistematicità: poco dopo mezzo giorno una squadra di brigate nere penetra infatti nello stabile di piazza dell’Unità, ai primi tentativi di sfondamento la porta della base non cede, ma i militi insospettiti insistono fino a riuscire a forzarla. Appena entrati nell’abitazione sono investiti dalle scariche di mitra di Ardilio Fiorini “Primo” e Renato Romagnoli “Italiano”, che dopo aver sparato imboccano insieme ad altri partigiani le scale fino alle cantine, da dove attraverso cortili interni raggiungono la zona bombardata del mercato ortofrutticolo di via Fioravanti (1). Alcuni partigiani attaccati da altri militi sopraggiunti dai piani superiori si attardano invece all’interno della base ed iniziano a sparare dalle finestre (2), segnalando imprudentemente al nemico la propria posizione e provocando la rabbiosa risposta dell’artiglieria pesante, che con i cannoni dei carri armati prende di mira lo stabile e ne provoca il parziale crollo. I gappisti sostengono lo scontro per circa un’ora, poi riescono a sganciarsi, ma raggiunto l’androne d’ingresso nella foga della fuga si dividono: alcuni di loro si dirigono in strada divenendo facile bersaglio del nemico (3); altri – fra cui 5 feriti – seguono invece le orme dei compagni, scendono nello scantinato, escono dal retro del palazzo e si rifugiano in una piccola officina, dove nascosti in punti diversi attendono la notte per poi raggiungere aiutati dai sappisti del luogo la fornace, un’altra base partigiana situata alla Bolognina. Durante le lunghe e snervanti ore d’attesa passate fra le macerie, pur di non cadere in mano nemica, alcuni di loro tentano il suicidio sparandosi alla testa, ma fortunatamente restano solo feriti (4). Escono illesi dalla battaglia Renato Romagnoli “Italiano”, Secondo Negrini “Barba”, Osvaldo Allaria “Dado”, Salvatore Calogero “Siciliano” e Giovanni Galletti “Gallo”, mentre restano uccisi complessivamente 6 partigiani, a cui si aggiungono altri 5 feriti che troveranno paradossalmente la morte in seguito al ricovero nell’infermeria clandestina scoperta il 9 dicembre 1944.

Note

(1) Nella fuga Renato Romagnoli “Italiano” si ritrova solo;  persa l’arma viene fermato da reparti nemici, che però lo rilasciano ingannati dall’aspetto innocuo che gli conferisce la sua giovane età.  

(2) Nello scontro con i militi fascisti all’interno della base muoiono Bruno Camellini “Slavo” e Gino Comastri “Rolando”.

(3) Perdono la vita in strada: Edgardo Galletti “Bufalo”, Daniele Chiarini “Diavolo” e Amos Facchini “Joe”.

(4) Si tratta di Franco Dal Rio “Bob”, Riniero Turrini “Maresciallo” e “Toscano”. I primi due sono fucilati  il 13 dicembre 1944 a seguito della cattura nell’infermeria partigiana di via Duca d’Aosta, mentre il terzo creduto morto dai compagni  e  ricoverato all’ospedale Sant’ Orsola in stato d’incoscienza, riuscirà a salvarsi facendosi passare quale vittima estranea agli scontri.

Bibliografia

A. Cucchi “Jacopo”, Bolognina, 
in Epopea Partigiana, Bologna 1945, pp. 41-43


O. Allaria “Dado”, Dentro la Bolognina, in Epopea Partigiana, Bologna
1945, pp. 44-47

30º Anniversario delle battaglie di Porta Lame e della Bolognina, Bologna 1974, pp. 12-15

Luciano Bergonzini (a cura di), La Resistenza a Bologna. Documenti e testimonianze, vol. 5, Bologna
1980

ANPI Quartiere Bolognina (a cura di), La Bolognina nella guerra di Liberazione. “15 novembre 1944″ La Battaglia della Bolognina, Bologna 1981

Renato Romagnoli, 50° Anniversario della battaglia di Porta Lame e della Bolognina, Bologna, Moderna, 1995

Luciano Casali (a cura di), CUMER. Il “Bollettino militare” del Comando unico militare Emilia-Romagna (giugno 1944-aprile 1945), Bologna 1997, pp. 209-211

Renato Romagnoli (Italiano), Le porte dell’al di qua. Bolognina 15 novembre 1944, Bologna 2004

Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945, vol. 1., Nazario Sauro Onofri, Bologna dall’antifascismo alla Resistenza, Bologna 2005, pp. 57-58

Sitografia

Scheda redatta da Nazario Sauro Onofri per il sito “La memoria di Bologna”

Cronologia Biblioteca Salaborsa

Esecuzione della partigiana Irma Bandiera – 14 agosto 1944

venerdì, dicembre 2nd, 2011

Irma Bandiera è andata in guerra, sebbene fosse una bambina, è morta in guerra come un soldato, come il più bravo soldato (Renata Viganò)

Irma Bandiera, nata a Bologna nel 1915, cresce durante il ventennio fascista al riparo di una famiglia benestante, democratica seppur non appariscente. Benché le sue conoscenze e le risorse economiche le permettano allo scoppio della guerra di sottrarsi ai bombardamenti sfollando in campagna, rimane invece in città ed inizia a frequentare ambienti antifascisti fino ad abbracciare la scelta di aderire alla lotta clandestina. Entra, infatti, nella 7^ Brigata GAP Gianni Garibaldi con il nome di”Mimma”, appellativo affettuoso con cui da sempre viene chiamata in casa.
Protetta dalla sua figura elegante di giovane donna di buona famiglia, dall’immagine di “signorina sofisticata” – come la descriverà Alceste Giovannini “Cestino”, commissario politico della 7^ GAP – diviene all’insaputa della famiglia un’intrepida staffetta partigiana, trasferendo a rischio della propria vita documenti e armi fra i diversi distaccamenti della brigata disseminati in provincia.
Il 7 agosto 1944, di ritorno da una consegna effettuata a Castelmaggiore, è fermata su segnalazione e arrestata a Funo d’Argelato. Da prima reclusa a San Giorgio di Piano, viene successivamente trasferita a Bologna dove per sette giorni è brutalmente torturata dalle brigate nere nel vano tentativo di indurla a rivelare l’ubicazione delle basi e il nome dei compagni. Dopo averla accecata e a lungo picchiata i suoi aguzzini la trascinano al Meloncello sotto le finestre di casa sua, dicendole che se si decide a parlare permetteranno ai genitori di soccorrerla, ma “Mimma” mantiene il silenzio e i suoi impotenti carnefici non sono in grado di far altro che ucciderla in quel luogo con una raffica di mitra. Assassinata per la strada il 14 agosto 1944, il suo corpo viene lasciato esposto nel punto dove oggi è posta la lapide in sua memoria, quale monito alla popolazione di Bologna aderente alla causa partigiana. Insignita dopo la liberazione della medaglia d’oro al valor militare alla memoria, Irma Bandiera diventa negli ambienti antifascisti simbolo del protagonismo eroico delle donne bolognesi ancora prima della fine del conflitto: l’organizzazione SAP cittadina prende, infatti, il suo nome subito dopo la sua morte.

“Prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si battè sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata, fu barbaramente trucidata sulla pubblica via. 
Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso per tutti i Patrioti bolognesi nella guerra di Liberazione”.
Meloncello, 14 agosto 1944.

Al ricordo di lei e di altre 127 partigiane martiri della provincia è dedicato il monumento ideato dagli urbanisti del gruppo “Città Nuova”, inaugurato nel 1975 nel parco di Villa Spada. Un’installazione partecipata in continuo divenire realizzata – su iniziativa di 15 comuni, del Quartiere Saragozza, del Comitato per le celebrazioni del 30º anniversario della Resistenza e dell’Unione donne Italiane – con l’attiva collaborazione di molteplici scuole bolognesi e degli operai delle ditte Sabiem, Calzoni e GD. Il monumento utilizza in parte materiali deperibili, per dar vita a un luogo d’aggregazione finalizzato a reinventare di giorno in giorno la memoria della Resistenza locale.

Bibliografia

Donne di Bologna e Provincia!, volantino firmato: La Federazione Bolognese del Partito Comunista Italiano, 12 ottobre 19444, in L. Bergonzini (a cura di), La Resistenza a Bologna. Documenti e testimonianze, vol. 4, Bologna
1975, pp. 380-81

Renata Viganò, Irma Bandiera eroina nazionale, in Bologna è libera. Pagine e documenti della Resistenza, Bologna 1965, pp. 73-74

Testimonianze di Emo Tatarini, Novella Corazza, Norma Bettini, in L. Bergonzini (a cura di), La Resistenza a Bologna. Documenti e testimonianze, vol. 5, Bologna
1980, pp. 600-603, 877-878, 906 -907

A. Albertazzi, L. Arbizzani , N. S. Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919- 1945), Bologna 1985, p. 80

Sitografia

Pino Cacucci, Ribelli, Milano 2003

Scheda redatta da Simona Salustri per il sito “Monumenti che parlano: la Resistenza a Saragozza”

Scheda redatta da Luigi Arbizzani per il sito “Museo virtuale della Certosa”

Attacco all’Infermeria del Ravone – 9 dicembre 1944

venerdì, dicembre 2nd, 2011

Su iniziativa di Ilio Barontini “Dario” – comandante della 7^ brigata GAP – nasce in città nella primavera del 1944 un servizio unificato di assistenza sanitaria ai partigiani, affidato dal Comando unico militare per l’Emilia Romagna (CUMER) al dott. Giuseppe Beltrame “Pino”. L’organizzazione ha il compito di reclutare personale medico, di reperire medicinali e materiale chirurgico, di coordinare i collegamenti interni ad alcune direzioni sanitarie disponibili a ricoverare sotto falso nome i feriti partigiani – fra cui l’ospedale Putti, l’ospedale Marconi, l’ospedale S. Orsola, l’ospedale di Bentivogli. Durante l’estate sono allestite alcune infermerie clandestine di primo soccorso in abitazioni private: una di esse – organizzata a partire dall’agosto 1944 in una palazzina indipendente a ridosso del canale Ravone in via Duca d’Aosta 77, demolita e ricostruita nel dopoguerra – viene trasformata nell’autunno del 1944 in un piccolo ospedale attrezzato chirurgico. Scarsamente utilizzata durante l’estate l’infermeria del Ravone accoglie, invece, numerosi feriti in gravissime condizioni dopo la battaglia di Porta Lame e la battaglia della Bolognina. Con medicinali e materiale chirurgico reperiti attraverso l’ospedale Roncati e l’ospedale Putti un giovane ufficiale austriaco disertore della Luftwaffe e il dott. Vincenzi eseguono in novembre all’interno della struttura delicate operazioni chirurgiche d’emergenza, affiancati dagli infermieri Cesare Barilli e Bruno Nadalini, dalle staffette Stella Tozzi e Ada Pasi e dal partigiano Pietro Vassura. Nonostante le severe misure adottate per preservare la segretezza dell’infermeria – fra cui il divieto di aprire le imposte giorno e notte e l’obbligo di attuare qualsiasi movimento nelle sole ore serali precedenti il coprifuoco, al fine di far apparire la palazzina disabitata – il CUMER stabilisce ad inizio dicembre l’evacuazione della base per ragioni di sicurezza. A seguito della delazione di una partigiana curata nell’infermeria durante l’estate pochi giorni prima del trasferimento, il 9 dicembre 1944, la villetta viene circondata da reparti armati fascisti: uno solo dei degenti ricoverati riesce a fuggire calandosi dalla finestra nel canale, altri 14 partigiani feriti insieme all’ufficiale austriaco sono catturati e condotti alla caserma di via Magarotti, dove vengono barbaramente seviziati. I prigionieri dell’infermeria – Arrigo Brini, Giancarlo Cannella, Franco e Settimo Dal Rio, Ardilio Fiorini, Gian Luigi Lazzari, Rossano Mazza, Lino Panzarini, Enrico Raimondi, Luciano Roversi, Riniero Turrini, Giorgio Zanichelli e due partigiani stranieri – sono fucilati presso Poligono di Tiro di via Agucchi il 13 dicembre 1944.

Bibliografia

G. Beltrame “Pino”, Servizio sanitario alla “macchia”, in L. Arbizzani, G. Colliva, S. Soglia (a cura di), Bologna è libera. Pagine e documenti della Resistenza, Bologna 1965, pp. 146-148

G. Beltrame, Servizio sanitario nella clandestinità, in “Resistenza Oggi” ANPI Bologna, 1984, pp. 40-43

G. Beltrame, Sanità, in A. Meluschi (a cura di), Epopea Partigiana, Bologna 1947, pp. 67-69

S. A, Scoperta l’infermeria al “Ravone”, in R. Barbieri, S. soglia (a cura di) Al di qua e al di là della Gengis Khan, Bologna 1965, pp. 93-95

Sitografia

Scheda redatta da Nazario Sauro Onofri per il sito “La memoria di Bologna”

Scheda redatta da Simona Salustri per il sito “Monumenti che parlano: la Resistenza a Saragozza”

Cronologia Biblioteca Salaborsa

Le fucilazioni sui calanchi di Sabbiuno – 14 e 23 dicembre 1944

venerdì, dicembre 2nd, 2011

Tra il 5 ed il 7 dicembre 1944 le autorità nazifasciste operano due estesi rastrellamenti nella zona di Anzola e di Amola (S. Giovanni in Persiceto): numerosi partigiani e supposti favoreggiatori fermati sono condotti in città, interrogati nella sede del comando tedesco di via de Chiari, quindi incarcerati a San Giovanni in Monte. Parte di questi rastrellati, insieme ad altri elementi partigiani detenuti della 7^GAP (come “Tempesta” e “Temporale”) e di altre brigate partigiane operanti nella provincia di Bologna, la mattina del 14 dicembre 1944 sono prelevati da un ufficiale delle SS tedesche – così come riportato dal registro del carcere – e condotti fuori porta San Mammolo. Percorrono 8 chilometri inerpicandosi sulle colline a sud della città fino a raggiungere i calanchi di Sabbiuno di Paderno: una località pressoché disabitata in quanto limitrofa al fronte di guerra, caratterizzata da un ripido crinale argilloso di color grigio movimentato da spettacolari solchi e creste creati dallo scorrimento delle acque verso il piano. All’altezza di una piccola casa colonica i prigionieri – il cui numero resta imprecisato, ma fra i quali sono stati identificate 36 vittime – vengono schierati sull’orlo del calanco e uccisi a colpi di mitragliatrice. I corpi dei colpiti rotolano in basso lungo il declivio fino alle pendici del calanco e col tempo sono occultati dal friabile terreno e dalla neve. La medesima sorte tocca ad un altro gruppo di partigiani detenuti – dei quali sono identificati 22 nomi – prelevati invece dal carcere di San Giovanni in Monte la mattina del 23 dicembre 1944: anch’essi, condotti a Sabbiuno di Paderno attraverso Porta San Mammolo, sono fucilati sull’orlo del crinale.
Della prima fucilazione le autorità nazifasciste danno parziale notizia attraverso un manifesto diffuso a fine dicembre, che fornisce i nomi di 24 patrioti bolognesi giustiziati senza specificare il luogo dell’esecuzione; sulla seconda viene mantenuto, invece, il più assoluto silenzio. Solo nell’agosto 1945 al ritorno del partigiano Bruno Tura testimone della fucilazione del 14, arrestato e deportato in campo di concentramento subito dopo i fatti, inizia la dolorosa e complessa opera d’esumazione delle salme all’interno del calanco. Il numero e l’identità delle vittime sono solo in parte ricostruiti (58 nomi), grazie anche all’utilizzo dei registri del carcere e al ritrovamento di una lista in possesso del vicequestore Agostino Fortunati.
Nel 1973 sul luogo dell’eccidio è edificato un complesso monumentale a ricordo dei caduti: una suggestiva installazione simbolicamente dedicata ai 100 partigiani fucilati a Sabbiuno.

Bibliografia

Comune di Bologna, quartiere Colli (a cura di), Monumento ai 100 partigiani che furono fucilati a Sabbiuno nei giorni dal 14 al 23 dicembre 1944, Bologna 1973

Alberto Preti, Sabbiuno di Paderno: Dicembre 1944, Bologna 1994
In appendice:
- Riproduzione della lista del vicequestore Fortunati (47 nomi)
- Lista dei fucilati a Sabbiuno (58 nomi)

Sitografia

Alberto Preti, Sabbiuno di Paderno: Dicembre 1944, Bologna 1994 su Risorse digitali Istituto Parri

Alberto Preti, Sabbiuno di Paderno: Dicembre 1944, Bologna 1994, pp. 52-60 on-line sul sito “Museo virtuale della Certosa” 

Scheda redatta da Nazario Sauro Onofri per il sito “Museo virtuale della Certosa”

Sito “Il Monumento di Monte Sabbiuno”

Cronologia Biblioteca Salaborsa

Sito INSMLI, banca dati Ultime lettere di condannati a morte e deportati della Resistenza italiana
Pierino Turrini “Ivan”, Sabbiuno di Paderno 23 dicembre 1944