Archivio di ‘Voci di San Donato’

Il dondolo nell’aia (1950-1970)

venerdì, marzo 30th, 2012

Il contadino era qua di fronte, qui davanti. C’era la casa con tutta la sua aia e noi giocavamo un po’ qui [sotto casa] e un po’ lì. Sai dopo un po’ andò via, o lo pagarono o lui ha detto: “vado via”. Ma noi giocavamo anche nel campo del contadino, avevamo fatto un dondolo in un albero, con 2 corde attaccate a un ramo e sotto una lamiera che mia cugina si fece un taglio, perché spingeva e dopo è tornata indietro la lamiera  e lei era ancora lì!

Fabbricati di tipo popolare nel Quartiere Mondo Torretta. Copyright © ACER

Le lavanderie (1951-1961)

venerdì, marzo 30th, 2012

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A: C’è la lavanderia?
S: Nelle case qui c’è, c’era un coso così, con un caldaio di rame in mezzo.
U: Voi l’avevate?
T: Noi, c’era la lavanderia che è di tutti e quattro i palazzi, la struttura c’è ancora.
U: Invece qui ogni porta aveva la sua lavanderia.
A: E voi invece ne avete una per … ?
T: È in comune, in comune per novantadue famiglie.
A: Ed è in cantina o esterna?
T: No, no, è esterna, nell’altro cortile.
S: Era nell’altro cortile?
T: C’è ancora, volevano buttarla giù, però quando han ristrutturato han detto: “bèh perché buttarla giù, la utilizziamo come sala condominiale”. Come quella serie di palazzi che sono di là, dietro da [via] Beroaldo, che sono sulla via Mondo. Quelli che hanno l’ingresso, non so, dire corte forse è un po’ esagerato, però è una corte: anche lì avevano tutte le sue lavanderie. Andando da via Mondo, ha presente, ci son quei voltoni: ce n’è uno dove abita il dottore, poi, venendo verso il bar Mondo, c’è il fornaio e lì c’è un altro voltone all’interno: c’è uno, due, tre condomini e allora avevano la sua lavanderia. Ogni palazzo aveva la sua lavanderia poi dopo, adesso, diversi anni fa, hanno creato degli appartamenti.
A: Al posto delle lavanderie?
T: Sì. Dove è il secondo voltone, c’era anche il pozzo.
S: Il pozzo c’è ancora perché ci ho guardato l’altro giorno. C’è il pozzo ancora, è interno, ristrutturato, subito sulla sinistra.
T: Nella lavanderia ci andavano in pochi a lavare, perché preferivano lavare in casa, a mano, perché allora usavano quei bei secchiai, non lavelli. Oppure, li chiamavano secchiai …
S: Erano secchiai! Battocci, va bene battocci?
T: Erano in granito, belli grandi, allora era comodo per l’altezza, per la schiena.
S: Poi da una parte c’era il buco, una parte un po’ in pendenza, il piano lavoro.
T: Poi è rimasta chiusa, inutilizzabile, per diversi anni. Poi, dopo, quando vennero a ristrutturare i palazzi, perché son dell’Ente Autonomo o ACER ora, volevano appunto demolirla, ma han detto: “teniamola bene, facciamo la sala condominiale”. Ma si usa raramente, è un posto lì che è vuoto, è inutilizzata ecco.
S: Sì, doveva servire per fare delle riunioni di condominio, quelle cose lì.
T: Solo che, cosa fai, litighi sempre!
S: Per esempio ho un amico che loro fanno delle mangiate …
T: Noi nemmeno.
S: Lì da Gigi, lui … le mangiate! Lì fan delle gran mangiate, d’inverno e d’estate: c’è la lavanderia, ci han fatto i loro lavandini tutto quanto, poi fan delle mangiate …
U: Sì la vita di comunità come c’era in quegli anni …
S: La televisione ha rubato tutto!
U: No, ma anche quando c’era la televisione, era perché c’era l’abitudine del vivere in comune che al giorno d’oggi è un po’ … oggi è un po’ scomparsa ecco, diciamo. Tutti si conoscevano, gli adulti tra di loro, i ragazzi fra di loro, sapevi cosa faceva uno, cosa non faceva, ti incontravi, ti salutavi, eccetera. Si viveva in casa e fuori, era il fatto di stare insieme anche fuori. Chi andava a far la spesa, io mi ricordo mio zio andava a far la spesa e stava fuori due ore e qui c’eran tre negozi!

 

Al cinema sotto casa (1950-1970)

venerdì, marzo 30th, 2012

E poi una cosa importante che, quella, se la vuoi segnare: dentro questo cortiletto qui, che adesso c’è la stradina lì, no? Era già così e al sabato o alla domenica, adesso non mi ricordo più, un giorno della settimana, veniva il prete, quello là, con delle persone sue e faceva il film lì dentro, sai col suo … come si dice, telone e noi ci prendevamo giù le sedie da casa nostra, ognuno, e ci mettevamo tutti lì in fila a guardare il film e questo è un particolare che … era negli anni Sessanta, ma era bellissimo, perché poi Peppone, Don Camillo, sai tutti, ci mettevamo lì, andavamo a casa a prendere le sedie, sapevamo già quando era.

Sì lo faceva una volta alla settimana qui, credo qui perché il cortiletto come questo che non c’eran macchine, non c’era niente, era l’ideale! Perché una volta in bicicletta, se avevi il motorino, hai capito, se no a piedi, a piedoni! E poi in quello spazio lì, in quel cortile lì di fronte, si metteva il circo, sai quei circhi “due cani due gatti due … ”. Qui, proprio qui, dove facevano anche le prime feste dell’Unità, piccole, ridotte, un po’ di musica, le solite cose, capito? Il circo si metteva lì, in mezzo alle case quando le case c’erano, perché anche queste è già un bel po’ che ci sono, però lì c’è un bello spiazzo. Lì, tutta quella stradina che arrivi al giardino [Cervi], prima c’è un bel pezzo di terra che una volta c’era anche il coso da basket, adesso non c’è più, perché adesso han fatto tutto nuovo di là.

 

Giocare a pallone (1950-1970)

venerdì, marzo 30th, 2012

A: Dove andavate a giocare?
S: Qui!
U: Dietro casa, queste qui.
S: Si usciva dalla finestra, io uscivo di casa mia e andavo a giocare lì, l’unico che faceva della strada era lui.
T: Io andavo poi dal prete.
S: Lui andava poi dal prete.
T: Diversi …
S: Sì, tutti andavano dal prete, perché c’era solo lui.
U: C’era il bar e il prete.
S: C’era il bar e il prete.
U: I divertimenti erano pochi.
S: I divertimenti erano pochi, non c’era niente proprio. L’unico locale era il biliardo e le carte, basta. Sì, sì, nel bar c’era il biliardo e si giocava a biliardo, a carte, c’era il gioco nelle bocce. Nel bar!
T: Nel cafè!
S: Scusa, nel cafè!
U: Cioè io, finita la scuola, arrivavo a casa, gettavo le alette, molte volte manco mangiavo e andavo nel prato perché c’era sempre qualcuno che giocava.
A: Giocavate a palla?
U: No, no, a pallone, a calcio.
S: Scalzi, perché non avevamo le scarpe.
U: Bè adesso le scarpe io me le mettevo.
S: Te perché eri ricco, io che ero povero avevo le suole dei piedi!
T: Quando giocavamo a football con delle palle di stracci …
S: Di stracci …
T: … In via Mondo perché non era ancora asfaltata. Come lui [il padre] mi vedeva: “in casa!”. Non voleva, ma c’era poi un motivo perché ogni tanto si rompeva qualche vetro e allora il motivo c’era: lui non voleva, non aveva piacere, perché dopo veniva risarcito il danno e allora c’era della … crisi e miseria contemporaneamente. Guarda che io mi son divertito di più quando mi son sposato che prima che non ero sposato, adesso te lo dico! No, mio padre era severo.
S: Sì era severo, lo so.
T: Quando andavamo a giocare al pallone dovevo venire fuori di nascosto, venivo fuori: “vado fuori, vado al bar” e poi attaccavo, allora usava … che era chiamato il sacco, no? Era proprio fatto a sacco, poi c’era la cordella, mettevo la roba dentro lì, lo mettevo fuori dalla finestra attaccato al gangio: “vado fuori” poi uscivo, poi andavo a prendere il sacco e andavo a giocare al pallone perché mio padre non voleva. Sì non è che a far dello sport … era un divertimento, allora lo facevi proprio come divertimento, eppure niente da fare. E mia madre mi lavava la roba di nascosto.
S: Comunque venivano tutti, tutti. Tutti quei palazzi qui, giocavano tutti lì, delle liti, delle discussioni!

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Le fabbriche (1955-1985)

venerdì, marzo 30th, 2012

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A: Il primo posto dove hai lavorato dove era?
G: Qui in via Michelino, dove c’è la Comet. Lì c’era un nucleo di fabbrichette: io ho lavorato lì, dove c’è proprio …
A: Era dove mi han detto che c’era una fonderia?
G: Raffineria. E c’era anche una fonderia: la Scarani. Cioè, dove c’è il parcheggio della Comet, lì c’era una serie di case che c’eran dei fabbricati e una serie di strutture in cui gli artigiani si erano messi lì a fare le cose. Dove c’è proprio la Comet che costeggia la via Michelino, che si andava al parco Nord, che adesso naturalmente l’han chiuso, lì c’era la fonderia che era Scarani. Che fu una lotta anche lì, quanto tempo andammo a portare da mangiare! Ché fu occupata la Scarani, una storia bellissima e nacquero anche degli amori. Dalla Casa del Popolo noi portavamo il mangiare agli operai, non si faceva mica alla Casa del Popolo, si tornava là a mangiare. Sì, la Scarani, siamo all’inizio degli anni Sessanta, Sessanta/Sessantacinque. Io mi ricordo che si era là, si portava da mangiare e allora, sai, dopo c’erano dei ragazzi, che allora eran tutti giovani, in cui vinsero anche questo tipo di scontro. Dopo, poi, la Scarani venne via eccetera. Sì sì, fu una delle prime fabbriche occupate, inizio anni Sessanta, Sessantatre, Sessantaquattro. Poi fu abbattuta perché era poi tutta per via, poi, Ethernit e tutta quella robaccia, che ce n’è stata tanta in giro. Poi c’era la Menarini! Che è sempre stata dove è adesso la Menarini ecco. In gran parte le persone che ci lavoravano, molte abitavano qui. Anche se è strano però è sempre stata una fabbrica che ha avuto tantissime persone che venivano dalle zone di Ferrara, anche allora, anche tuttora ce ne sono molte che vengono da Ferrara … però ce ne sono anche diverse che abitano qui. Ormai sono pensionati. Perché anche la Menarini è stata una fabbrica che ha avuto molte lotte, molte. Perché è sempre stata, insomma, una fabbrica importante. Da questo punto di vista è stata una delle fabbriche, dal punto di vista della lotta insomma, sono state fatte delle cose importanti ecco. Lì si sono formati anche dei sindacalisti. Quindi, però, delle grandi fabbriche qui attorno non ci sono mai state, le altre erano officine piccole sì. Perché avevamo giù, ma non era più nel nostro quartiere, giù dal ponte di S. Donato, dove c’era la fabbrica dell’idrolitina, la Gazzoni, lì giù dal ponte di S. Donato via, come si chiama, Barontini. C’era la famosa Idrolitina per fare l’acqua col gas.
E le donne molte in maglierie e molte ecco … molte allora andavano anche a lavorare dalle sarte, che lavoravano in casa, hai capito? Eh, tanto per dire, così, come si usava dire “sa lavorare di punto!”. Quindi le donne poi, dopo, naturalmente han cominciato a andare, cioè a studiare e sviluppare posti naturalmente, sia in fabbrica che anche sotto l’aspetto amministrativo: in Comune, bidelle dentro alle scuole. In modo particolare tantissime andavano dentro le scuole e allora fu un grosso sviluppo, dal punto di vista … qua c’eran le cuoche, le dade, insomma tutto questo mondo qua.