Disegnare una mappa emotiva di Bologna

Il sito web Percorsi-emotivi, nasce a partire dalle riflessioni e dalle proposte elaborate dal Laboratorio Mappe Urbane, uno dei gruppi di ricerca attivi all’interno della Fondazione Istituto Gramsci Emila-Romagna. Il progetto gode del contributo economico della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

La proposta è di far dialogare i cittadini di Bologna con la mappa elettronica della loro città, dando modo a quanti la consultino di inserire, su un punto specifico della mappa, un loro pensiero, una loro proposta, un loro ricordo suscitati da quel luogo.

Si costruirà così anche una fonte di informazioni preziose per aumentare la conoscenza della percezione dei luoghi e di come essi sono vissuti dai loro abitanti. Un indicatore delle molte identità che abitano le nostre strade, delle loro diverse aspirazioni, bisogni, ma anche di ciò che esse hanno in comune.

L’obiettivo è poter disegnare con gli utenti del sito un’organizzazione spaziale ed estetica più rispondenti ai loro bisogni e ai loro desideri e che possa essere offerta come stimolo delle politiche urbanistiche della città e dei quartieri.

Mappe emotive

La geografia postmoderna ha elaborato una critica della cartografia tradizionale, in particolare della riduzione di complessità che essa opera a partire dalla struttura di potere che la genera. Ma non ha offerto una metodologia alternativa per la rappresentazione cartografica dello spazio urbano fondata su questa consapevolezza critica. Questo progetto fa riferimento a tre matrici teoriche che possono contribuire alla definizione di un produttivo rapporto tra la percezione soggettiva della città e la sua rappresentazione.

Alcune esperienze che hanno tentato di costruire delle mappe emotive della città vanno ricercate in ambito artistico, a partire dall’esperienza surrealista che ha guardato alla città come ad un luogo del meraviglioso, liquido nutritivo e ambiente generatore di incontri e di scoperte. E’ dal surrealismo, passando attraverso l’esperienza lettrista e situazionista, che si è cominciata a elaborare una rappresentazione dello spazio in base alle emozioni che esso provoca sugli affetti di chi lo vive o lo attraversa. Le metodologie della deriva e della deambulazione hanno cercato di rendere la mappa della città più sensibile alla percezione soggettiva e sensoriale, ponendo le basi della cosiddetta psicogeografia e di numerose esperienze artistiche contemporanee che si sono esercitate sulla costruzione delle mappe emotive della città (tra le più significative, cfr. il progetto Cychopolis di Marcos Lutyens a Cagliari, e il progetto Biomapping di Christian Nold). Il paesaggio urbano muta continuamente in base agli affetti, agli stati d’animo e alle pratiche che in esso si svolgono.

Queste esperienze forniscono un suggestivo punto di osservazione del territorio urbano come agglomerazione di flussi ed emozioni generate da pratiche, movimenti e passioni che rovescia completamente qualsiasi geometrica assialità. Il limite di queste esperienze sta nella «naturalizzazione» del rapporto tra percezione-emozione individuale e territorio urbano che tende a marginalizzare le mediazioni culturali che lo informano.

Sul piano della città percepita, l’insegnamento di Kevin Lynch ha fornito una metodologia che ha formalizzato alcuni protocolli cognitivi della percezione dello spazio urbano. Le persone si formano mappe mentali dei luoghi utilizzando un insieme di elementi di base: percorsi, bordi, distretti, nodi, punti salienti o pietre miliari. Lynch non si è limitato a proporre questa classificazione, ma attraverso interviste che verificavano la concreta e soggettiva percezione della città ha cercato di costruire un «indice di immaginabilità», vale a dire ha tentato di individuare la qualità di un oggetto fisico che produce nell’osservatore un’immagine forte e vivida. L’intento di Lynch era quello di utilizzare la percezione per retroagire sulla pianificazione urbana e sull’architettura, nel tentativo di scegliere forme adeguate a rendere semplice l’orientamento e riconoscibile il proprio ambiente. Questa formalizzazione dei processi cognitivi che governano la percezione dello spazio è stata utilizzata per creare modelli urbani sulla rete web.

Un terzo riferimento teorico che contribuisce a definire l’approccio alle mappe emotive della città è quello di Michel de Certau che ha messo a confronto due modelli di razionalità. La razionalità di tipo strategico, quella esercitata dai grandi attori della trasformazione urbana che dispongono di risorse normative, materiali e simboliche, viene messa al servizio del perseguimento di determinati scopi di amministrazione, pianificazione e intervento sulla città. La cartografia tradizionale è figlia di questa razionalità strategica che fa della città un oggetto sul quale dispiegare una determinata logica operativa. A questo modello di razionalità si contrappone la razionalità di tipo tattico, vale a dire una razionalità che opera dentro lo spazio definito dalla strategia, senza che tuttavia quest’ultima sia in grado di definire compiutamente le possibilità di scelta nella fruizione della città e nella propria collocazione e movimento in essa. Proprio dall’estrema varietà di risorse umane e semiotiche messe a disposizione dagli odierni spazi urbani nasce la possibilità di costruire propri percorsi, mappe di orientamento che dipendono dalle proprie proiezioni soggettive. Questo approccio ha il pregio di non separare la città vissuta soggettivamente da quella oggettivata dalle pratiche amministrative e di intervento, ma trova proprio nell’incontro, nel conflitto, nella negoziazione tra queste due logiche il proprio piano di analisi. Offre inoltre utili tracce per la definizione delle categorie della precomprensione urbana, il modo cioè di analizzare le forme dello spazio, sulla base di analoghi modelli di analisi delle forme del discorso (linguistica) o dell’inconscio (psicanalisi).

Con questo approccio non si corre il rischio di naturalizzare la città e i soggetti che la abitano e la attraversano, ma la si riconosce come prodotto dell’impiego strategico di risorse di potere. Si pongono insomma delle domande che mirano al riconoscimento delle logiche che ispirano le scelte (non solo la ricostruzione di un tracciato di percorsi, ma un’interrogazione sui motivi che hanno portato a quei percorsi) e si situa l’indagine al livello della presenza corporea dei soggetti. In questa prospettiva, l’attività cognitiva non si fonda semplicemente sulla manipolazione di simboli, ma ha le sue basi nel sistema senso-motorio. La cognizione è dunque embodied, incorporata, cioè nasce dall’interazione tra l’organismo e l’ambiente, ed è situata, cioè radicata in contesti reali (Bateson).

La redazione di percorsi-emotivi

Il lavoro della redazione si articolerà essenzialmente in due funzioni.

La prima sarà quella di agire da filtro rispetto agli interventi degli utenti che verranno ricevuti sotto forma di “richiesta di pubblicazione”.

L’unico criterio guida per la selezione dei materiali da pubblicare sarà la loro congruità con le finalità del progetto.

Nessun intervento di editing precederà invece la pubblicazione e ciò per non inficiare la genuinità dei contributi che deve necessariamente passare anche attraverso la soggettività stilistica.

La seconda funzione della redazione sarà quella di costruire un archivio di materiali (testi, esperienze, resoconti di progetti legati al territorio urbano, ecc.), non necessariamente di recente produzione, e ciò con lo scopo di garantire una continuità nell’aggiornamento del sito, soprattutto nella fase di lancio.

L’archivio e le associazioni

L’archivio, inoltre, attraverso la specifica modalità della sua costruzione, avrà uno scopo ancor più rilevante: far fronte, per quanto possibile, all’inevitabile problema dell’autoselezione dei partecipanti. Qualsiasi sperimentazione su internet, infatti, soprattutto quando basata sull’invito agli utenti alla partecipazione e all’autoespressione (in questo caso percezioni e vissuto dei luoghi), si scontra con le selezione implicita dei propri interlocutori di cui si “proietta” un profilo fortemente dipendente da alcune specifiche variabili sociologiche come il genere, l’etnia, il livello di scolarità e di alfabetizzazione informatica.

Se la mera disponibilità dell’accesso alla rete, che ha prodotto la vecchia distinzione tra gli “have” e gli “have nots”, centrale nel dibattito sul “divario tecnologico” fino alla fine degli anni ’90, risulta oggi sempre meno rilevante – ancor più in una città come Bologna dotata di un numero significativo di punti d’accesso pubblici – non sono però trascurabili le differenze nei diversi “usi” che di internet si fanno. Si è passati dalla consapevolezza dell’esistenza di un divario a quella di divari multipli e di conseguenza alla necessità di aggiungere a una misura di accesso esclusivamente polare (have/have nots) degli indicatori d’uso legati ai più diversi stili e finalità di navigazione in rete (Hargittai). Fra questi indicatori, risulta cruciale per il nostro progetto, il “supporto di reti sociali” ossia il poter contare e chiedere aiuto e informazioni a familiari, amici, colleghi e associazioni o sportelli istituzionali.

L’aspettativa di partecipazione di utenti appartenenti alle molte diversità presenti a Bologna, non sempre avvezze all’utilizzo del mezzo, non può essere alta se ci si affida al solo “invito” diretto (la semplice esistenza del sito e la “pubblicità” che se ne può fare), ma deve passare dal coinvolgimento di quegli attori (associazioni che lavorano con i migranti, con le donne in situazioni di disagio, con i “senza fissa dimora”, i centri sociali anziani, le scuole, ecc.) che, grazie al forte radicamento territoriale e alla loro esperienza, hanno già creato un canale comunicativo privilegiato con loro.

Stabilire dei legami con reti sociali già consolidate, può fungere da stimolo e fornire il supporto necessario a coinvolgere chi è più svantaggiato nella comunicazione e nondimeno portatore di una preziosa diversità d’esperienze, prospettive e dunque narrazioni possibili, che è negli intenti del progetto far emergere.

Postazioni pubbliche

Una postazione pubblica per la consultazione e la pubblicazione su percorsi-emotivi è presente all’interno dell’Urban Center Bologna e altre sono in corso di attivazione.