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Le fabbriche (1955-1985)

venerdì, marzo 30th, 2012

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A: Il primo posto dove hai lavorato dove era?
G: Qui in via Michelino, dove c’è la Comet. Lì c’era un nucleo di fabbrichette: io ho lavorato lì, dove c’è proprio …
A: Era dove mi han detto che c’era una fonderia?
G: Raffineria. E c’era anche una fonderia: la Scarani. Cioè, dove c’è il parcheggio della Comet, lì c’era una serie di case che c’eran dei fabbricati e una serie di strutture in cui gli artigiani si erano messi lì a fare le cose. Dove c’è proprio la Comet che costeggia la via Michelino, che si andava al parco Nord, che adesso naturalmente l’han chiuso, lì c’era la fonderia che era Scarani. Che fu una lotta anche lì, quanto tempo andammo a portare da mangiare! Ché fu occupata la Scarani, una storia bellissima e nacquero anche degli amori. Dalla Casa del Popolo noi portavamo il mangiare agli operai, non si faceva mica alla Casa del Popolo, si tornava là a mangiare. Sì, la Scarani, siamo all’inizio degli anni Sessanta, Sessanta/Sessantacinque. Io mi ricordo che si era là, si portava da mangiare e allora, sai, dopo c’erano dei ragazzi, che allora eran tutti giovani, in cui vinsero anche questo tipo di scontro. Dopo, poi, la Scarani venne via eccetera. Sì sì, fu una delle prime fabbriche occupate, inizio anni Sessanta, Sessantatre, Sessantaquattro. Poi fu abbattuta perché era poi tutta per via, poi, Ethernit e tutta quella robaccia, che ce n’è stata tanta in giro. Poi c’era la Menarini! Che è sempre stata dove è adesso la Menarini ecco. In gran parte le persone che ci lavoravano, molte abitavano qui. Anche se è strano però è sempre stata una fabbrica che ha avuto tantissime persone che venivano dalle zone di Ferrara, anche allora, anche tuttora ce ne sono molte che vengono da Ferrara … però ce ne sono anche diverse che abitano qui. Ormai sono pensionati. Perché anche la Menarini è stata una fabbrica che ha avuto molte lotte, molte. Perché è sempre stata, insomma, una fabbrica importante. Da questo punto di vista è stata una delle fabbriche, dal punto di vista della lotta insomma, sono state fatte delle cose importanti ecco. Lì si sono formati anche dei sindacalisti. Quindi, però, delle grandi fabbriche qui attorno non ci sono mai state, le altre erano officine piccole sì. Perché avevamo giù, ma non era più nel nostro quartiere, giù dal ponte di S. Donato, dove c’era la fabbrica dell’idrolitina, la Gazzoni, lì giù dal ponte di S. Donato via, come si chiama, Barontini. C’era la famosa Idrolitina per fare l’acqua col gas.
E le donne molte in maglierie e molte ecco … molte allora andavano anche a lavorare dalle sarte, che lavoravano in casa, hai capito? Eh, tanto per dire, così, come si usava dire “sa lavorare di punto!”. Quindi le donne poi, dopo, naturalmente han cominciato a andare, cioè a studiare e sviluppare posti naturalmente, sia in fabbrica che anche sotto l’aspetto amministrativo: in Comune, bidelle dentro alle scuole. In modo particolare tantissime andavano dentro le scuole e allora fu un grosso sviluppo, dal punto di vista … qua c’eran le cuoche, le dade, insomma tutto questo mondo qua.

Gli orti e le case (1951-1961)

venerdì, marzo 30th, 2012

A: Lei se la ricorda la costruzione della Casa del Popolo?
F: Sì, e devo dire una cosa, che loro, tutti muratori, lavoravano il sabato sera e tutta la domenica e l’han fatta così. Poi, quella casa di via Mondo di fronte a noi, vennero dalla campagna dei muratori e se la son fatti loro la casa. Molte case sulla via Mondo: via Mondo, di fronte a noi, dunque dal 39 in giù. Perché lì lo IACP aveva costruito quei casermoni dal 41 al 55 e questa parte di qua era una fascia di terreno che l’aveva la Curia. Anzi, le suore della Torretta l’avevano comprata dalla Curia nel 1900: comprarono nel 1900 quell’immobile lì, lo comprarono dalla famiglia che aveva dato i natali a un prete, che lo chiamavano in bolognese “al prit d’stariòn”, perché era uno che toglieva il malocchio. Erano preti, io alcuni li conoscevo bene, che toglievano non solo il malocchio ma anche persone che riuscivano, parlando con la persona, a togliere via quello che aveva dentro di sé che non era facile, perché combattere il demonio è mica facile eh? Allora dicevo delle case di via Mondo: il terreno in parte era delle suore. In parte, perché se voi cominciate via Mondo, dopo il Campo Savena, quel blocco di case che è identico a quello che sta alla fine, è IACP, poi la struttura è identica: dopo c’era una fascia di privati come davanti a noi. Perché la fascia nostra in via Mondo, dove abito io, era tutta privata. Allora comprarono da questo Minelli, famoso, dei pezzi di terra. Mio suocero comprò un pezzo che erano 600 metri quadrati. Sì sì la casa l’ha fatta lui da solo. Ha preso un muratore, poi la sera lavorava anche lui con sua moglie, mio cognato, mia moglie no, perché era piccolina. C’era l’orto qua davanti, poi l’orto è andato via, perché fare il contadino non è mica facile eh? La terra era buona, però non andava bene lì sulla strada, con gli autobus che si fermavano, la gente che passava e cacciava tutte le cartacce dentro, non si può. […]

Vent’anni fa, fino al ‘90, avevamo questo pezzo d’orto, poi nel ’91 è venuta fuori una legge che consente ai proprietari di zone di completamento di poter far dei garage. Facciamo i garage, anziché tener la terra lì così a non lavorarla, facciamo dei garage. Adesso lì di dietro abbiamo il giardino ma non che facciamo gli orti, qualche pianta e buonanotte anche perché la terra è a mezzanotte, quindi gli alberi, se vengono, vengono sempre fuori, non cresce tanta roba. Molti avevano gli orti, poi … se tu c’hai l’orto vuol dire che non fai la casa, se c’hai la casa vuol dire che non fai l’orto! Comunque lì all’angolo con via Ricci, che poi c’è via della Torretta, c’era una signora che aveva anche le galline, le teneva nell’orto, fino a dieci anni fa. La gente si arrangiava.

Si andava alla Casa del Popolo (1950-1970)

venerdì, marzo 30th, 2012

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Si andava alla Casa del Popolo. C’erano ancora degli altri bar di passaggio, però io andavo lì, perché lì trovavi gli amici, far delle chiacchiere, scherzare, discussioni. I divertimenti erano quelli lì. Per esempio, naturalmente, le parrocchie anche loro si erano attrezzate, non avevano il bar però dove c’erano i luoghi delle parrocchie avevi i biliardini, le bibite, eccetera. Quindi tra … sì lo dico a mò di battuta, però, tra un rosario e l’altro insomma, c’era possibilità di divertirti, lo dico insomma, nel senso buono del termine. Che poi anche lì nascevano i primi amori. Per quelli che andavano alla Casa del Popolo c’era il bar sempre aperto la sera fino alle undici, undici e mezza. Per il divertimento c’era, in questa zona, c’era la sala da ballo la “Sirenella”, quella sopra, che adesso poi han smesso. C’era qualche cinema, d’estate c’era il cinema all’aperto qui dove c’è la Casa del Popolo, dove adesso giocano a … dove c’è il tendone, lì c’era un cinema all’aperto che si chiamava “Felsineo”, che noi cinnazzi andavamo a far le maschere, cioè a strappare i biglietti perché il partito faceva i turni: “domani tocca a te”, discussione finita. C’era qualche cinema: c’era il “Perla” giù dal ponte di S. Donato, c’era il “Vittoria” giù dal ponte di via Libia, via Bentivogli, c’era il cinema “Vittoria”, poi c’erano i parrocchiali, però non mi ricordo, no qui non c’erano … e questi insomma erano i divertimenti. Noi alla sera ci si trovava lì naturalmente, alla Casa del Popolo, poi man mano che crescevi incominciavi ad andare a ballare, motorini prima fase, poi le prime macchine, le 500. E alla sera, ad esempio alla Sirenella che ballavano alla sera, c’era l’obbligo della cravatta. Sì dentro le Case del Popolo, roba da matti, ma proprio, per dirvi, la mentalità. Però i divertimenti eran questi qui. Il divertimento era giocare a biliardino, far le furbate perché i soldi erano pochi. Io mi ricordo che avevo duecentocinquanta lire di paghetta la settimana: duecento lire/centocinquanta lire ci voleva a andare al cinema, cinquanta lire per una partita a biliardino che naturalmente era il nostro divertimento. Poi lì a biliardino si inventavano tutte le buche perché tu così potevi … questo era il quadro della situazione: quindi bisognava scherzare, inventare, insomma le cose da poterti divertire. Donne poche, perché allora naturalmente i costumi, i costumi eran diversi, perché te davi l’appuntamento, se ti incontravi con una a ballare ti davi l’appuntamento al sabato, se la sorella o la mamma la portava a ballare.
A: Dopo, se era con la mamma, si chiedeva il permesso alla mamma per ballare con lei?
G: No però se, casomai, si spegnevano le luci le madri andavano subito là!

Feste dell’Unità (1950-1970)

venerdì, marzo 30th, 2012

Feste dell’Unità … allora si faceva la festa più grande in Montagnola. Poi c’erano le feste di rione, qui, qui attorno, qui alla Casa del Popolo, nelle varie zone …se ne facevano diverse, che poi allora c’erano le cellule e c’erano le feste di cellule. Qui, si facevano qui dietro, qui tra via Andreini e queste zone qui, dove c’erano dei nuclei grossi, degli Iacp, lì si faceva. Nel cortile dello Iacp si facevan le Feste dell’Unità, negli anni Cinquanta e Sessanta. Poi, piano piano, si cominciò ad individuare dei luoghi fissi proprio per dare delle caratteristiche precise, naturalmente più vicini alla Casa del Popolo. C’era più come un’idea di farle diverse e in vari luoghi proprio per, voglio dire, farsi vedere, se così si può dire. Allora le campagne, per esempio, le campagne elettorali si facevano un po’ casa per casa, palazzo per palazzo, sapevi chi c’era e chi non c’era, c’era un’organizzazione. Io mi ricordo che nei primi anni Settanta, quando sono andato al seggio a fare il rappresentante di lista, adesso mi vien da sorridere, ma sembrava di andare a scuola. Ogni due ore arrivava il responsabile organizzativo del partito che ti diceva “chi è che non ha ancora votato?”. Allora tu, naturalmente, sapevi, no? Allora dopo lì partiva la macchina che se uno stava poco bene, non poteva muoversi, lo andavano a prendere. Cioè questa era la macchina capillare, questo lavoro era capillare. Tu sapevi già che alle due del pomeriggio, quando si chiudeva il seggio, noi sapevamo già in quanti avevano votato; con dei seggi campione noi alle tre e mezza sapevamo già come erano andati i voti, hai capito? Per dire spesso, spesso eravamo non solo più veloci, ma più precisi della stessa questura. 

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